ROBERTO GOMARASCA – LOFOTEN
NESSUNA NOTA STONATA NELLA MUSICA DELLE LOFOTEN
(Roberto Gomarasca, 11.10.2017)
Non era una serata normale. Non poteva esserlo e c’erano tutte le premesse per una notte da ricordare.
Stavamo viaggiando insieme da qualche giorno e, come spesso succede in questi casi, ci stavamo annusando.
Non sai mai se chi viaggia con te è in un momento positivo della sua vita o se sta attraversando un periodo di crisi, il perché abbia scelto proprio quella destinazione, se ami il rugby oppure il calcio.
Noi viaggiatori pluriventennali abbiamo poi la presunzione di pretendere di capire al volo chi abbiamo di fronte dopo aver scambiato poche parole oppure crediamo che un preciso segnale ci riveli chissà quante cose di una persona.
Anche stavolta il rischio di cadere in errore era alto.
Avevo letto recensioni positive su Enrique, colui che sarebbe stato la nostra guida durante il viaggio e il primo approccio così come i giorni successivi avevano confermato ciò che di buono era stato scritto di lui.
Mario si era rivelato una vera sorpresa. Certo in Svizzera, suo paese d’origine, non sono famosi per essere espansivi e festaioli eppure noi avevamo pescato la carta più alta, un vero jolly.
Se ne andava in giro indossando un campionario infinito di t-shirt con i nomi delle band a me più care; la musica si sa, è impossibile vivere senza e, da appassionato rockettaro quale sono, nonché devoto a Grande Madre Irlanda, non ho potuto esimermi dal rendere omaggio al suo fornitissimo guardaroba.
Con lo stesso Enrique il continuo scambio di opinioni, informazioni e input musicali era già in atto da più e più chilometri, sorprendendoci l’un l’altro.
Grazie alla complicità creatasi, quella sera abbiamo deciso di uscire con il nostro 9 posti per cercare di incrociare, ammirare e fotografare un alce.
La sera precedente avevo dovuto dare forfait causa stanchezza estrema quindi Mario e Enrique erano andati con Lorenzo, altro partecipante al viaggio e persona competente ed esperta.
Presto però i primi dubbi riguardo le qualità di quest’ultimo si erano trasformati in certezze: prese di posizione nette in merito alle scelte sul cibo, scarsa disponibilità riguardo le varie fasi della vita in comune, ma soprattutto facile predisposizione all’impartire lezioni di vita dettate da scarsa umiltà.
Una nota stonata, si direbbe in questi casi. Capita.
I due cuccioli di alce visti la sera prima (da una distanza notevole altresì) erano dunque stati serviti dallo stesso Lorenzo sul piatto della discussione mattutina come un’apparizione celestiale inavvicinabile.
Con scarse speranze, con discreta voglia di cazzeggio e la netta sensazione di fare una sorta di “zingarata”, siamo partiti alla ricerca di alci cullandoci nella luce di mezzanotte. Una luce unica che ti protegge come una calda coperta e allo stesso tempo ti guida e ti rassicura: il nostro quarto compagno di viaggio.
Nei pochi chilometri percorsi, dopo alcune battute di studio, le risate si sono sprecate: da uomini veri abbiamo tirato fuori il peggio di noi stessi. Una piccola caserma ambulante.
Nell’armonia di una grande curva a sinistra, grande per quanto possa essere grande una curva alle Lofoten, la sobria allegria di noi simpatici buontemponi è stata bruscamente interrotta da una visione straordinaria. Nel vero senso della parola: fuori dall’ordinario. Eccolo!
Un giovane alce maschio con corna ramificate e meravigliose sostava dall’altro lato della strada, ad una ventina di metri non di più, in mezzo a un morbido e accogliente roveto mangiava godendosi il pasto in gloriosa solitudine.
Difficile descriverne la maestosità: il garrese nettamente al di sopra delle nostre teste, le zampe bianche come se vestisse dei calzini, un fisico che di un umano si direbbe palestrato.
Bellissimo insomma!
Non contenti della vista dall’auto siamo scesi e ci siamo avvicinati. Pochi passi lenti, il più silenziosi possibile, tanto quanto delle morbide scarpe di montagna permettevano di fare.
Per nulla intimorito ci guardava, masticando pacificamente il suo pasto: non destavamo in lui alcuna preoccupazione, anzi, pareva volerci invitare a sgranocchiare qualche arbusto.
Ci siamo guardati anche noi scambiandoci un gesto d’intesa, come fossimo una band che si prepara a suonare la hit del proprio album. Ci siamo furtivamente addentrati nel boschetto per godere della scarsa animosità dell’animale e rispondere a quello che avevamo recepito come un gesto d’amicizia.
Ma il sound-check non è andato per il meglio: se è vero che una trekking bassa non infastidisce, un passo di infradito (oh Mario!) nel silenzio della notte, sciak!, ha reso sospettoso il nostro bell’esemplare, che quindi ha deciso di andare a gustarsi qualcosa più in santa pace verso l’interno, un po’ più vicino al mare.
Arrendersi non era contemplato! Il mare alle sue spalle era chiaramente un ostacolo alla fuga. “Quattro passi dentro le sterpaglie e non ci sfugge più!”, abbiamo pensato.
La nostra Waterloo, purtroppo.
Ci siamo addentrati nel cuore della foresta passando per un giardino privato. Bene, i proprietari non erano armati oppure erano audiolesi o, meglio ancora, semplicemente dei pacifici norvegesi.
Dopo i primi passi con le erbacce alte fino al ginocchio era chiaro che uscirne asciutti sarebbe stato impossibile.
Intanto immaginavo l’alce chissà dove a farsi delle grasse risate a pancia in su alla faccia nostra.
Che differenza c’è tra paludi e sabbie mobili? Lasciando tracciare una sorta di sentiero ai due più giovani compagni d’avventura, ero rimasto leggermente attardato e quasi scalzo perché un risucchio innaturale si era impossessato della mia scarpa.
Era ormai scontato che non avremmo rivisto alcun cervide e, anzi, la priorità era diventata l’uscita verso la civiltà.
Passato il momento di tensione e tornati alla sana spensieratezza sempre guidati dal sole di mezzanotte, abbiamo trascorso il viaggio di ritorno a impartire lezioni di italiano al nostro malcapitato catalano, spiegandogli il significato di “serata ignorante”, messaggio diretto che Enrique ha subito colto e fatto suo.
Una volta risaliti sul van, profumati come uomini di fatica, siamo tornati al cottage felici e divertiti come adolescenti.
Amicizia come musica vera, di pancia, nostra e ad alto volume.
No, nessuna nota stonata.