Concorso Racconti 2014 – Vittoria di Martino – Quattro Lettere dall’Islanda
Vittoria di Martino – Quattro Lettere dall’Islanda
Islanda: Il gran tour dell’isola di fuoco e ghiaccio
Settembre 2014
Cara Joy,
il viaggio è andato liscissimo.
Scrivo quando posso e poi mando i resoconti appena trovo una connessione.
Ostelli.
Da quel che si ė capito staremo quasi sempre in ostello. Non mi dispiace.
All’inizio ho sbuffato perché pensavo che viaggiando in questo modo non avrei avuto nessun contatto con i locals, poi ho capito che avendo l’Islanda 320.000 abitanti in tutto le possibilità di incontrare dei locals sarebbero comunque scarse. Gli ostelli poi sono puliti, minimalisti, efficienti, un po’ asettici in perfetto stile nordico. Negli ostelli ci si sente ragazzi perché si dorme insieme in camerata, nei letti a castello (io dormo sempre in alto, dove è più castello), si cucina insieme e si lavano i piatti; si fa casino, così gli stranieri si confortano nell’opinione che gli italiani sono tutti casinari ma inconsapevolmente abbassano le barriere e si rilassano. Mi dicono che in Italia gli ostelli sono solo per i giovani, c’è un massimo d’ età, invece qui c’è di tutto, anzi i più sono nonpiugiovani (come me tanto per capirsi). A Rekyavik nell’ostello della prima notte ha diluviato con vento fortissimo tanto che la mattina l’abbiamo passata ad aspettare; davanti all’edificio un prato ospitava tante tendine abitate perlopiù da questi nonpiugiovani che la mattina armati di asciugamani, sandali da doccia, spesa per la colazione e impicci vari facevano la spola tra i servizi e il fuori allagato. Lì per lì ho pensato fossero dei veri vikinghi poi ho capito che erano solo ragazzidaicapelligrigi.
De compagnibus viaggi.
Paolo è la guida. Nato a Solagna in Valsugana è andato per una tesi sulla viticoltura tropicale in Venezuela. Si è innamorato del paese, degli abitanti e in particolare di una Lei, Cloris. Così vive tra Valsugana e Venezuela e l’estate porta i gruppi di Tierras Polares in Islanda e Norvegia. È moro, capelli lunghi, barba lunga, baffi lunghi, occhi da bravo ragazzo. È un bravo ragazzo, di quelli che si vorrebbero numerosi: come dei novelli cavalieri della tavola rotonda girano il mondo in cerca d’avventura, la loro spada è a disposizione dei più deboli, la loro passione scalda i cuori, la loro innocenza fa tenerezza.
Andrea è veneto-romagnolo, Simona siciliana ma vivono in quel di Monza. Sono appassionati di geologia, torrentismo e speleologia ma vivono di informatica. Lui, formato Obelix, ha moltissimi interessi; lei è la madre terra mediterranea.
Essere un gruppo così piccolo può essere molto difficile, invece noi si va d’accordo. Il vantaggio poi è di avere un sacco di spazio nel pulmino e non c’è bisogno di incastri. Siamo anche contenti di essere venuti in bassa stagione quando tutti i turisti se ne sono andati. Peccato solo che anche gli uccelli, compiuto il loro dovere di genitori abbiano lasciato le scogliere dell’ ovest protese sull’oceano e siano partiti per posti dove vivere è più facile.
Snaefellsjokull.
In Islanda i rilievi sono tutti di origine vulcanica. Qui nello Snaefellsjokull Jules Verne ha ambientato “Viaggio al centro della terra”. Non era mai stato in Islanda e forse non sarebbe potuto andare sotto il vulcano; noi l’abbiamo fatto. Con torcia e caschetto siamo scesi per una scaletta a chiocciola di varie centinaia di metri e poi abbiamo imboccato il tunnel di lava. Si tratta di una grotta completamente differente da quelle formate dall’acqua dove comunque c’è una qualche luce o riflesso. Qui il buio è nero e pesante: si è nelle profondità della terra. Quando un vulcano decide di entrare in azione erutta la lava incandescente, che corre a valle. La parte più esterna a contatto con l ‘aria si solidifica prima, mentre quella più interna resta più a lungo incandescente e fluida. Si crea il vuoto cioè il tunnel da dove Verne immaginava di arrivare al centro della terra.
Ancora vulcani.
Quando un grosso vulcano erutta, la cenere copre il sole, lo filtra, e arrivando meno irraggiamento l’aria si raffredda.
Nel 1400 c’è stata una mini era glaciale che ha portato molti cambiamenti. I Vikinghi non c’è l’ hanno fatta, gli Inuit, si. I Vikinghi si sono estinti mentre gli Inuit ancora sopravvivono anche se solo grazie alle sovvenzioni.
Oggi per il Bardabunga, nel caso eruttasse, si teme lo stesso effetto.
Fiordi dell’ovest.
Qui la lava rotola dai vulcani fino al mare e oltre; rotola disordinatamente e raffreddandosi, all’improvviso è costretta a fermarsi. Non più lava di fuoco ma blocchi neri che col tempo si ricoprono di muschio e licheni. Tutto scintilla, il nero e il verde (verde evidenziatore, per citare Andrea) nebulizzati costantemente dall’acqua del mare, dalla pioggia, dagli spruzzi delle cascate. Ovunque l’acqua zampilla, salta, si raccoglie, si tuffa, si divide, si allarga e infine si ricongiunge al mare. Un caos primordiale che avrei visto bene per qualche scena de “Il Signore degli Anelli”; invece è stata preferita la Nuova Zelanda, forse perché lì c’erano a disposizione anche le foreste, in Islanda invece non ci sono praticamente alberi dai tempi di Erik il Rosso.
Gli alberi non c’è la fanno proprio a crescere. La fiducia a crescere ha bisogno di luce, calore, non di lunghi mesi di oscurità né dei continui ceffoni del vento.
Foche.
Per sorprenderle prima che si buttassero in acqua abbiamo messo in atto una strategia di accerchiamento che ci ha costretto ad un lungo giro sulla spiaggia. Sono piccole e grigie, con occhi grandi, tondi e curiosi e bei baffi. Se ne stanno su lingue di terra affioranti in baie riparate dove le orche, loro nemiche naturali, non si spingono. Prendono il sole, quando c’è, e chiacchierano fra loro.
Kayak.
Abbiamo attraversato un fiordo con il kayak. Emozionante. L’acqua immobile, grigio – verde e il kayak che scivola silenzioso. Ci si sente foca, lontra, castoro…
Joy, l’ Alaska deve essere bellissima!
Balene.
Il whale watching è molto diffuso, specialmente lungo i fiordi della costa settentrionale. Si va al punto di partenza, un moletto dove aspetta un peschereccio vecchio stile. Per prima cosa bisogna scegliersi una tuta da indossare per la gita; sono andata senza esitazione al reparto bambini e me ne sono trovata una perfetta, poi si sale a bordo. Noi eravamo pochissimi, anzi siamo oramai così pochi turisti in tutta l’ Islanda che continuiamo a rincontrarci alle varie tappe obbligate e ci conosciamo tutti.
C’è un capitano ed una signora che oltre a portare bevande calde e biscottini home made fa da guida. Deve essere un’attività redditizia nei mesi estivi e non tanto faticosa. Si naviga nel fiordo verso il mare aperto dove le balene amano bighellonare. Qualcuno, che si sente poco meno di Achab, avvista il primo soffio. Da lì inizia la rincorsa alla balena che si incurva, si immerge, dà il colpo di coda che fa tanta scena, difficilmente salta fuori dall’acqua. Per vedere il salto bisogna trovare una balena che abbia lo spettacolo nel sangue. Quando la balena si immerge resta sott’acqua cinque minuti esatti in cui tutti si rilassano con i biscottini; poi un altro avvistamento, un altro inseguimento e così via per alcune volte. Time out. Tocca alla pesca. Compreso nel pacchetto c’è l’esperienza di andare a pescare. Il capitano si dirige verso una zona dove sicuramente ci sono pesci e i turisti si avvicendano alle varie canne già sistemate fuori bordo. I pesci vengono issati a bordo facilmente. Per il turista è un gioco più una foto ricordo; per il pesce è il passaggio dalla vita alla morte.
Cavalli islandesi.
Oggi passeggiata a cavallo. Niente di difficile of course. Solo terreno accidentato, attraversamento di torrente, passo e trotto ma io ho anche galoppato per un breve tratto per iniziativa del mio cavallo.
Cavalcare con a fianco un border collie… un sogno.
Autunno.
Ci sono distese senza fine di mirtilli. Paolo dice che in Norvegia per raccoglierli inondano i campi, i frutti si staccano e vengono tirati su.
Qui oramai i verdi cedono lentamente il posto ai gialli e ai marroni; è autunno nel nord dell’ Islanda. La stagione più dolce. Il sole non è così caldo e sfacciato che ti costringe a evitarlo: ora ogni fibra del corpo se lo gode. Anche la luce non è più abbagliante da accecare e illumina distintamente ogni cosa. E la pioggia, il vento, il freddo sono ancora leggeri e si approfitta volentieri di un po’ di intimità e di riposo.
Anche gli islandesi sembrano condividere i miei gusti. Ora le donne iniziano a lavorare a maglia quei maglioni molto pesanti e molto belli che si vendono ovunque e che ogni turista si porterà dietro la prossima estate.
I farmers iniziano a radunare cavalli e pecore che hanno pascolato liberi per tutta l’estate. E’ uno spettacolo eccitante, mi fermerei continuamente appena vedo un crocchio di gente con pick-up, cani, trailer ecc. ma gli altri non sono ugualmente interessati.
Geotermia.
In Islanda l’acqua è ovunque sopra e sotto terra, la lava pure. Metti insieme acqua e lava incandescente e quel che viene fuori è acqua calda, anzi bollente.
Ogni islandese è sufficiente che faccia un buco in terra senza neanche impegnarsi troppo e trova una sorgente di acqua calda che gli serve per la casa, la jacuzzi in giardino, la serra, le stalle degli animali. Lungo la strada spesso sono segnalate sorgenti naturali, basta fermarsi e buttarsi un po’ a mollo nella pozza calda che si apre miracolosamente sul prato. Può essere che ci sia qualcun’altro e allora si condivide. In alcuni posti le SPA ne hanno approfittato per costruire intorno alla sorgente uno stabilimento con tanto di vasche, ristorante, spogliatoi, negozio di souvenir ecc. La più famosa è la Blue Lagoon dove non siamo stati.
L’attività vulcanica islandese è per lo più fessurale e cioè niente vulcano a forma di cono ma fessure nella crosta terrestre che lasciano uscire vapori o anche lava fluida. Anche il Banderbunga sta eruttando da una fessura lunga per ora due chilometri, poi si vedrà.
Joy, there is more to be seen than can ever be seen… (da “Il Re Leone” )
Lezione di geologia.
Il tipo di vulcano a cono si forma perché il magma è molto solido, quindi bolle bolle e poi, quando la parte esterna non c’è la fa più a contenere l’ebollizione, erutta. II magma più liquido si comporta in maniera diversa, riesce a farsi strada ovunque. Qui dove la crosta terrestre è fina perché giovane, trova facilmente dove intrufolarsi. Ma c’è di più. La crosta terrestre è divisa in placche o zolle che come zattere si muovono sul magma sottostante. Dall’avvicinarsi, l’allontanarsi o lo scontrarsi delle placche nascono più o meno tutti i fenomeni geologici.
In Islanda passa anche la faglia che divide la placca nord-americana da quella europea e attraversa l’isola da nord-est a sud-ovest creando una spaccatura perfetta per lasciar uscire qualsiasi cosa voglia uscire. Questo è quello che ho capito.
Vatnajokull.
È il terzo ghiacciaio al mondo, dopo il Perito Moreno e la Groenlandia che è tutta un immenso ghiacciaio. Le pareti esterne che digradano verso il mare vengono continuamente erose e scavate alla base dall’acqua che è comunque più calda rispetto al ghiaccio. I blocchi di ghiaccio tagliati si staccano e scivolano in acqua. Sono gli iceberg, la cui superficie visibile è il dieci per cento, mentre l’altro novanta resta sommerso.
Una mattina piovosa e nebbiosa ci siamo diretti verso una laguna sotto il Vatnajokull. All’improvviso dal nulla ci siamo trovati davanti gli iceberg. L’Islanda non finisce di stupirmi: dopo aver visto cento meraviglie penso di aver visto tutto e invece arriva sempre la centunesima. La gita, questa volta in gommone, prevedeva il solito scafandro, niente beni di conforto e navigazione nella laguna tra gli iceberg. A parte il freddo, dove lo scafandro non arrivava, è stato bellissimo. Ho anche pensato che fosse una buona location per un inseguimento alla James Bond. Non ho fatto in tempo a figurarmi il tutto che Paolo dice che proprio qui sono state girate delle scene di uno degli ultimi 007!
Quando siamo sbarcati il sole si affacciava dietro il Vatnajokull e il paesaggio era completamente diverso, bello senza dubbio, ma il suo vero aspetto era l’altro: cupo, grigio, misterioso.
Pensando all’India.
Da quando sono in Islanda mi viene in mente continuamente l’India: per contrapposizione?
Qui si passa per qualsiasi paese e non si vede anima viva: assolutamente nessuno in giro, neanche un rumore. Se non fosse per le macchine parcheggiate diresti che sono tutti paesi disabitati. In India tutti sono sempre per strada e tutto avviene per strada a qualsiasi ora e con qualsiasi tempo.
In Islanda ci sono bagni ovunque, pulitissimi e organizzati. Ogni area di sosta ne ha, ogni partenza di sentiero, ma anche in mezzo al nulla, ci sono bagni e sempre perfetti. Alle terme è obbligatorio lavarsi prima di entrare in piscina. Una bella illustrazione chiarisce come bisogna farsi la doccia preventiva e su quali zone del corpo bisogna insistere a sfregare. In India i bagni quando ci sono, sono buchi per terra circondati da una tenda a brandelli però di un bel colore o da assi che stanno al loro posto per grazia ricevuta. Ci si lava i denti per strada ma spesso, ci si fa il bidet nel campo, la doccia sulle rotaie. Ci si può lavare nel Gange che è una fogna però resta sacro o mente l’elefante fa i suoi bisogni che sono sacri anche quelli.
Le chiesette islandesi sono piccole, dipinte di grigio con profili bianchi o bianche con profili rossi, sembrano delle collegiali con la divisa in ordine. Contornate da un cimitero altrettanto piccolo su un pratino verde smeraldo che guarda il mare, mai troppo lontano. I templi indiani, non importa di quale delle religioni dell’India, sanno di incenso e spezie, di fiori che marciscono, di cera di tantissime candele, di offerte di cibo, di riso e biscotti, di piedi nudi. I colori ci sono tutti: forti, corposi, densi, sensuali.
Nonostante sia la fine della stagione turistica qui non ho mai visto un pezzetto di carta per terra, tanto meno una “deiezione” magari anche solo di cane. In India dei bagni si fa anche a meno. Dopo una festa i campi intorno sono così pieni di merda che non si sa dove camminare.
L’altra notte in ostello siamo andati a dormire verso le 10; delle persone giocavano a carte rumorosamente vicino alla nostra camera ma comunque in una zona comune. Quanto mi facevano incavolare, non potevo conciliarmi il sonno. In India sono sempre riuscita a dormire beatamente nel rumore più assordante.
Joy, si viaggia per vedere posti diversi o per essere diversi?
Deformazione professionale.
Il cane da pastore islandese è un cane piccolo ma non troppo, robusto, con il pelo folto, cranio largo e appuntito e con molti colori possibili. Come per tutti i cani da lavoro non è stata fatta una selezione estetica quanto una selezione pratica sulla capacità di sopravvivere e lavorare in un certo ambiente. La migliore selezione possibile.
Oggi di questi cani ce ne devono essere proprio pochi in Islanda perché io ne ho visti due in tutto, mentre ci sono ovunque border collie. Mi è capitato di parlarne con due persone. Il primo mi ha detto che il border collie è un cane più addestrabile e meno abbaione dell’islandese e per questo l’ha soppiantato. Il secondo intervistato è un personaggio particolare, colleziona sassi e ossa di balena, intaglia il legno e si diverte a costruire strani ciondoli; la sua casetta e il suo giardino sono pieni zeppi di chincaglierie. Lui mi ha detto che tutti i farmers vogliono il border perché pensano di avere un cane nato già addestrato (in un certo senso è anche vero): lo fanno venire dalla Scozia come se la provenienza lo rendesse ancora più bravo e si ritrovano spesso in possesso di un animale ingestibile, combinaguai, schizzato, che spesso finisce male.
Quando si parla di difesa di una cultura, non si potrebbero includere le razze di animali che da quella cultura sono nate ,esattamente come i piatti tipici, il modo di costruire i tetti, i canti popolari, l’inno nazionale… ? Invece sembra che gli islandesi siano esterofili come gli italiani, almeno in fatto di cani!
Erik il Rosso.
Vik vuol dire baia, quindi i Vik-inghi erano quei normanni che abitavano lungo le coste e i fiordi della Scandinavia.
Erik era un vichingo dai capelli rossi nato in Norvegia prima del 1000. Era un tipo rissoso (secondo me lo erano tutti normalmente e lui non faceva eccezione) e per aver ucciso un uomo con l’aiuto del padre, fu esiliato. Andò in Islanda dove si sistemò nella costa occidentale. Qui continuò ad essere rissoso e uccise un altro uomo, così fu nuovamente esiliato, per tre anni.
Stavolta nel dubbio su dove dirigersi, ispirato dai racconti di pescatori che parlavano di una terra ancora più ad occidente, salpò e navigando in direzione nord-ovest trovò la Groenlandia. La chiamò così Greenland, terra verde e doveva essere bellissima, molto più boscosa e meno ghiacciata di oggi perché si era nel “periodo caldo medievale”. Si insediò per bene con moglie e quattro figli, creò una grande fattoria con allevamento di animali e colture varie e, passati i tre anni tornò in Islanda per cercare altri potenziali coloni.
Nonostante fosse il periodo caldo per cui Erik & company furono facilitati ad attraversare il mare, molti morirono durante l’epico viaggio ma quelli che arrivarono a destinazione furono più che sufficienti a fondare la prima colonia.
Anche i figli di Erik si dedicarono all’avventura e all’esplorazione di nuovi territori andando verso Terranova e verso il Canada settentrionale. La storia della famiglia è piena di tradimenti e assassinii, oltre che scoperte di terre promesse, sebbene all’epoca nessuno ci facesse caso.
Erik morì in Groenlandia e le sue gesta sono narrate nella “saga di Erik il Rosso”. Questa è la versione di Wikipedia ma ne esistono altre un po’ diverse.
Energia.
L’ultima avventura del viaggio è stato un trek per risalire il cosiddetto fiume caldo (che poi proprio caldo non era) e farci il bagno.
La giornata si presentava uggiosa, freddina, con pioggia più vento, in perfetto stile islandese; niente che potesse far accogliere con entusiasmo l’idea di attività sportive esterne. Il vedere poi altri camminatori lungo il sentiero coperti di ponchos impermeabili col capo chino in un vano tentativo di difesa, mi poneva la solita domanda esistenziale: “Perché sono qui? Chi me l’ha fatto fare?” Ma si sa che per un viaggiatore è una domanda senza risposte.
Comunque mentre risalivo il sentiero tenendo d’occhio la situazione generale, ingannavo il tempo immaginando di spogliarmi sotto la pioggia, immergermi nel fiume (ma sarà caldo?) e poi uscire zuppa (probabilmente infreddolita), rinfilarmi i vestiti a quel punto sicuramente bagnati. La prospettiva non mi ispirava minimamente e confidavo nel fatto che il progetto sportivo sarebbe stato annullato per cause esterne con sollievo di tutti. Mi sbagliavo. I miei compagni al segnale di Paolo “ facciamo il bagno qui” non hanno fatto una piega e hanno dato il via alle manovre.
Non so cosa mi sia successo ma all’improvviso, come se un’altra avesse preso il mio posto, ho deciso che volevo farlo. Ho pensato intensamente ad Alexandra David-Néel mentre attraversava il Tibet d’inverno e senza abbigliamento tecnico, ho pensato che non mi importava di spogliarmi in mezzo all’erba fangosa, lasciare i vestiti sotto la pioggia, entrare nel fiume grigetto e tubolento, uscire bagnata con quella sensazione di freddo che da sempre mi paralizza quando esco dall’acqua. Volevo farlo e basta. L’ho fatto.
Mentre ero intenta ad asciugarmi e rivestirmi, sempre sotto la pioggia e in precario equilibrio sul terreno molle oltre che bagnato, è apparsa nella nebbia una fila di cavalli con relativi cavalieri in amena passeggiata, la qual cosa ha chiarito immediatamente la presenza di tutto quel dannato fango.
Sulla via del ritorno mi sono sentita così soddisfatta di me stessa, anzi trionfante come se avessi sfidato e vinto un mostro.
Deve essere stata l’Islanda che mi ha regalato una bella ricarica di energia!
Joy, lo sai perché le pecore stanno sempre in gruppetti di tre? Quando a primavera si vedono brucare sui prati una mamma con due piccoli è normale e nessuno ci fa caso. In autunno quando gli agnellini sono cresciuti quasi quanto la mamma non si può fare a meno di notare che, sia che bruchino sia che se ne stiano in mezzo alla strada, le pecore sono sempre in gruppetti di tre e allora ci si chiede “Perché proprio tre?”. A volte ci sono risposte semplicissime che ti riempiono di soddisfazione, questa è una di quelle.
Un abbraccio, a presto
Nonna Vittoria